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UX/UI

Neumorphism: un trend tutta estetica

By 1 Giugno 2020Gennaio 10th, 2023No Comments

Ho un rapporto di amore e odio con il Neumorphism, di cui già avevo parlato tempo fa in questo post: lo trovo esteticamente molto accattivante e moderno, crea UI leggere, molto piacevoli e “morbide”.
Ma io ho un problema: provo un immenso fastidio per tutto ciò che rende le interfacce poco utilizzabili ed inutilmente inaccessibili.

Il mio cuore dice una cosa, il mio cervello ne dice un’altra.
Sai, non è facile mettere d’accordo cuore e cervello per me.
– Crimini e misfatti

Lo ammetto, sono colpevole, anche io ho ceduto al Neumorphism e l’ho provato per un restyling di Spotify in un attimo di tempo libero.
È stato bellissimo, mi sono sentita una designer super figa ed innovativa, ma in un progetto da deliverare non lo utilizzerei in maniera così disinvolta.
Trascinata dalla corrente, ho voluto sperimentarlo anche io.
Ormai, si sa, è un trend molto popolare su piattaforme come Dribbble, Instagram e Behance, ma vi siete mai chiesti perchè non si veda praticamente mai in applicazioni e siti “reali”?

La risposta è molto semplice: per quanto possa essere bello, il Neumorphism porta ad avere grandissimi problemi a livello di accessibilità.
Sono solo le ombre che stabiliscono cosa sia cliccabile, attivo o meno e questa mancanza di sufficiente contrasto fa si che gli elementi non siano percepibili da tutti allo stesso modo, creando confusione nell’utilizzo.
Anche la gerarchia spesso ne risente: pulsanti, card e box sembrano avere la stessa importanza, lasciando che l’utente vada alla deriva all’interno della schermata in cui si trova.

Neumorphism stile immagine cover

Si potrebbero trovare alcuni espedienti, non è detto che facciano miracoli, ma potrebbero migliorare la situazione.
Alcuni esempi possono essere l’utilizzo di un colore differente per le Call to action (senza rinunciare al dettaglio caratteristica dell’ombra “che estrude”), fare attenzione ai cambi di stato, accentuare le ombre per i pulsanti attivi, aggiungere icone agli elementi che presuppongono un’interazione ecc.
Una cosa è certa: mai dimenticarsi di testare il contrasto.
Online si trovano molti strumenti che permettono di farlo e, per programmi come Figma, si trovano anche praticissimi plugin (io utilizzo A11y – Color Contrast Checker).

Tanto semplice creare con il Neumorphism interfacce in grafica, quanto incasinato in codice, ma c’è chi ha pensato anche al benessere mentale degli sviluppatori e ha creato queste praticissime risorse:

In conclusione: non voglio condannare completamente questa corrente, per quel che mi riguarda via libera al mix & match, utilizzata in combo con altri stili e con i dovuti accorgimenti, potrebbe portare a risultati molto interessanti.
Ma mi raccomando, maneggiare con cautela.