Ad un colloquio di lavoro logica vuole che vengano poste domande conoscitive per valutare le competenze e le capacità del candidato.
Ovviamente, può capitare che qualche recruiter infame cerchi di insinuarsi nella sfera strettamente personale del malcapitato, ma dovete sapere che alcune domande non si possono assolutamente fare.
Non per buona educazione o per discrezione, ma proprio perché fanno parte di quel gruppo di domande che violano lo Statuto dei lavoratori o il Codice delle Pari Opportunità e, quindi, ILLEGALI.
Prima di arrivare al dunque, ci tengo a fare un’importante premessa che, spesso, non viene considerata: il colloquio di lavoro è un incontro conoscitivo utile ad entrabe le parti, candidato e recruiter, per capire se si sta trovando ciò che si cerca.
Tenere a mente che la selezione non è unilaterale fa sì che il candidato possa vivere in maniera attiva il colloquio, evitando di subire passivamente il processo di selezione.
Quindi, prima di presentarsi ad un colloquio, è sempre bene prepararsi, facendo chiarezza su quali siano i requisiti che si vogliono trovare in un’azienda, e ricordandosi che, come candidati, siete nella posizione di scegliere se quell’ambiente sia quello giusto per voi.
Quali sono queste domande?
Di domande illegali che possono farvi ad un colloquio, ce ne sono a bizzeffe. La fantasia (e il poco buon senso) di certi recruiter potrebbe stupirvi.
Il comportamento di un recruiter (es. gioca a Fruit Ninja mentre voi parlate), insieme a queste domande possono essere rappresentativi dell’ambiente in cui potreste finire, la punta dell’iceberg di una valanga di delusioni.
Siete sicuri di voler lavorare in un posto simile?
Ecco di seguito alcuni esempi di domande illegali in cui spero non incappiate mai.
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- “Di che nazionalità sei?”: vige la parità di trattamento tra le persone, a prescindere dall’etnia. Bianco, nero, giallo, verde o a pois. Il colore o la provenienza di una persona non devono essere un metro di valutazione.
- “Che problematiche che ci sono state con il precedente datore?”: meno che non possano interferire con lo svolgimento della nuova mansione, gli eventi facenti parte del precedente lavoro non devono essere soggetti ad osservazione da parte dei selezionatori. Evitate comunque di parlare male del precedente datore, in quanto verrebbe vista come una lamentela. Meglio sviare e parlare delle motivazioni che vi hanno spinto al cambiamento, come la voglia di crescere, la voglia di trovare nuovi stimoli. Quindi, se anche il capo era una persona orribile, mentite.
- “Sei iscritto/a a dei sindacati?” “Che partito voti?”: tutte le richieste riguardanti il proprio orientamento politico violano lo Statuto dei Lavoratori. Nel caso, fate pentire il recruiter tirandogli un pippone su come non vi sentiate rappresentati come cittadini dalla politica italiana e simili.
- “Da quanto tempo lavori?”: è un tentativo di risalire all’età (che non andrebbe scritta nemmeno nel CV in quanto discriminatoria)
- “Sei religioso/a?”: tutto ciò che riguarda la propria religione o le festività legate al proprio credo non è rilevante ai fini dell’assunzione e ci si può rifiutare di rispondere.
- “Hai figli o hai intenzione di averne?”: una tra le più gettonate per le donne ed estremamente discriminatoria. A meno che il recruiter non sia direttamente coinvolto nella riproduzione, non deve essere un fattore di suo interesse.
- “Sei fidanzato/a o sposato/a?” “Qual è il tuo orientamento sessuale?”: Come sopra. A meno che non vi voglia chiedere di uscire, e comunque durante un colloquio mi sembra fuori luogo, non sono affari suoi.
- “Hai intenzione di sposarti?”: idem.
- “Chi ti aiuta con i figli?”: le indagini legate all’ambito familiare non sono lecite. In alternativa, potete fare i bastardi e rispondere “Tu, tutti i pomeriggi dalla ora X alla ora Y” e poi mollarglieli davvero.
- “Che lavoro fanno i tuoi genitori?”: di nuovo, non è coerente ai fini della selezione. E comunque, è un po’ presto per presentarteli. Ci conosciamo appena.
- “Assumi medicinali o hai mai avuto X o Y?”: un decreto protegge il candidato da tutte le domande inerenti allo stato di salute, fisico o psicologico (per le persone appartenenti alle categorie protette è dichiarato nel CV e il discorso è diverso)
- “Hai dei debiti?” “Hai avuto problemi con la giustizia?”: le domande legate alla condizione economica non hanno peso ai fini dell’assunzione. E se anche uno avesse debiti, magari, lavora anche per pagarli. Ad esempio. Se invece il colloquio è per posizioni legate ad ambiti particolari, come lavori in banca o simili, allora il discorso cambia.
- “Assumi droghe illegali o alcool?”: se cercano uno spaccino, mandateli a Rogoredo. Come per la domanda sopra, il discorso cambia se il colloquio è per lavori che richiedono guida di veicoli o che, in generale, debbano garantire l’incolumità delle persone.
La nostra privacy è importante, impariamo a tutelarla.
Purtroppo, spesso, un po’ per la necessità di lavorare o perché si ignora il fatto che siano domande da non fare, la gente passa oltre.
Se vi dovessero capitare domande simili, siete tenuti a non rispondere.
Appurato che il lavoro per queste realtà non vale la candela, non avendo nulla da perdere, potete far gli alternativi e far notare al recruiter di turno che queste sono domande illegali (e che è uno stronzo a farle).
È uno sporco lavoro, ma qualcuno dovrà pur farlo.